giovedì 4 agosto 2011

Tra il Bianco e il Nero

Ho vissuto da sempre in questa grande villa di campagna, era di un vecchio zio di mia mamma; con i miei ci siamo trasferiti in questo posto quando avevo circa sei anni. Parte della villa è circondata da un bosco molto fitto, e al centro del bosco c'è un lago; d'inverno è ghiacciato, quando ero piccolo andavo a pattinarci, e quando veniva il caldo andavamo lì a farci i bagni. Ma ultimamente non vado più, per me è diventato troppo lontano e credo che la strada per arrivarci non ci sia più. L'ultima volta che ci sono stato ricordo di essermi fatto un bagno, eravamo una bella compagnia allegra. O si in estate veniva molta gente qui, e i festeggiamenti non mancavano,  devo dire sempre ben riusciti, e ogni volta era una festa di colori, una gioia per gli occhi. La villa al sua interno non era da meno, sempre piena di luce, allegria, certo qualche volta si litigava, ma si tornava a sorridere presto; e persino d'inverno era bella: la pioggia, il camino, la grande libreria del salotto. 
Be comunque dicevo di aver fatto un bagno lì, e fu proprio l'ultimo. Le uniche immagini che mi tornano alla mente sono quelle in cui nuoto fino alla riva e lì mi addormento. Al mio risveglio, nel mio letto, non c'era nessuno. Girai ogni stanza, ma tutti era scomparsi, genitori, amici, servitù. Ero rimasto solo io, e capirete la mia iniziale gioia di poter fare quello che volevo; ma presto mi resi conto che la mia solitudine non era una buona compagna. La noia mi portò a non uscire più di casa, e col passare degli anni, mi rendevo conto di una cosa: i colori andavano sfumando, man mano tutto diventava bianco e nero. Anche io ero in bianco e nero, un pò come in quei film che proiettavano al cinematografo. Non avevo neanche paura di questo cambiamento, era tanta la noia che non diedi importanza alla cosa. Le stagioni stesse quasi non si distinguevano più, non soffrivo ne il caldo ne il freddo. Allora capì di essere sospeso nel tempo, anche  la notte e il giorno erano scoparsi, solo una luce fredda entrava dalle enormi finestre della villa. 
Iniziai a contare i secondi, i minuti le ore, almeno per trovare qualcosa da fare, e per avere un tempo mio, che magari non esisteva, ma almeno mi permetteva di riprendere vecchie abitudini, di fare qualcosa. Un giorno però persi il conto e così ancora una seconda volta mi ritrovai fuori dal tempo. Ricominciai a girovagare, ad annoiarmi. Ma in quell'oblio in cui mi trovavo ormai da tempo, anche se il tempo più non esisteva, avevo preso l'abitudine di andarmi a sedere sul bracciolo di una delle poltrone del salotto. Lì  rimanevo a fissare l'esterno della casa; la luce che veniva da fuori però mi impediva di vedere bene le piante del giardino, e cercavo di immaginarle: belle, verdi, rigogliose, gli alberi pieni foglie con i loro frutti appesi ai rami esili, e i fiori del giardino, colorati, di rosso, arancione, giallo; cercavo anche di immaginare il loro odore e di ricordarlo, e quasi riuscivo a sentirlo ma spariva subito. Solo sensazioni e niente altro.
Quell'abitudine non l'ho ancora persa, anzi sto ancora lì seduto, a fissare nel vuoto un meraviglioso giardino immaginario; e mentre continuo a sognare le bellezze del mondo esterno tutto intorno a me è diventato una vecchia pellicola in bianco e nero, e io non riesco più ad uscirne.

Nessun commento:

Posta un commento